Conferenza del prof. Giuseppe di Gaspare
Teoria e critica della globalizzazione finanziaria
Il professor Giuseppe Di Gaspare della Luiss G. Carli, presentato dal nostro socio prof. Gianclaudio De Cesare, ci ha parlato del suo libro “Teoria e critica della globalizzazione finanziaria, dinamiche del potere finanziario e crisi sistemiche” (Cedam 2012) incentrando il discorso su due paradossi : le crisi petrolifere degli anni 70 del 900 e lo spread, fenomeno mediatico degli ultimi anni che ci perseguita ossessivamente su stampa e tv. La loro comprensione apre la strada ad un’interpretazione controcorrente delle cause della globalizzazione e quindi delle misure per contenerne gli effetti negativi sull’economia reale oggi nel nostro paese ( analizzate nella parte finale del libro). Secondo il prof Di Gaspare le due crisi petrolifere di inizio e fine anni 70 sono da imputarsi non alla scarsità del greggio come allora si sosteneva, ma alla crisi del dollaro come moneta di riserva per gli scambi internazionali dopo la rottura degli accordi Di Bretton Woods causata dalla dichiarazione di Nixon nel 1971della inconvertibilità del dollaro in oro. Il fatto che la crisi non dipendesse dalla scarsità del greggio è ora un fatto incontrovertibile. Basti riflettere sul dato della crescita esponenziale dei consumi realizzatasi nei decenni successivi senza ulteriori crisi petrolifere. Probabilmente ci potrà essere una riduzione nei prossimi anni , ma sicuramente non c’è stata nei quarant’anni trascorsi mentre all’inizio degli anni 70 la crisi energetica era considerata imminente.
L’aumento del prezzo del petrolio non dipendeva dalla sua scarsità dunque ma dalla politica di prezzo dei paesi dell’Opec i quali adeguavano il prezzo del barile in dollari all’andamento del prezzo dell’oro sul mercato libero sempre espresso in dollari. Bisogna fermarsi un po’ a riflettere sul punto. L’oro era considerato da sempre alla base del valore delle monete e il fatto che il dollaro come moneta di riserva non fosse più convertibile in oro era un trauma da tenere nascosto per evitare la crisi del commercio mondiale. Spostare la causa delle crisi sulla scarsità del petrolio serviva a nascondere questa realtà. All’epoca perciò tutti eravamo rimasti convinti della spiegazione comunemente ripetuta che l’aumento del prezzo fosse dovuto alla scarsità. Questa interpretazione era facilmente condivisibile in quanto “intuitiva”. Siamo infatti indotti normalmente a pensare a fronte dell’aumento del prezzo di un bene che la causa sia la sua scarsità o perché diminuisce l’offerta oppure perché l’offerta è stabile ma la domanda invece cresce.
Più difficile pensare che l’aumento fosse causata dall’OPEC , quale cartello monopolista della produzione del petrolio, e che alla base vi fosse l’inconvertibilità del dollaro in oro, per cui l’aumento fosse volto a recuperare la perdita di potere di acquisto del petrolio al valore dell’oro espresso in dollari nel mercato libero. Uno sguardo retrospettivo ai due grafici dell’andamento del prezzo in dollari del petrolio e dell’oro negli anni 70 conferma questa correlazione. Per questa via ,prosegue il prof Di Gaspare, si entra in una pista ricostruttiva diversa da quella comunemente accolta della globalizzazione e della crisi finanziaria ( raccontata nella parte centrale del libro) . Anche al centro dell’ultima crisi rimane ancora occultata la relazione problematica della centralità del dollaro nel sistema monetario con la speculazione finanziaria la quale assicura tale stabilità attraverso l’equilibrio dei flussi monetari in dollari. Utile per capire tale “meccanismo dollarocentrico” è la manipolazione mediatica dello spread che sposta l’attenzione dall’andamento dei tassi di interesse del debito pubblico al loro differenziale ( appunto lo spread) e occulta nuovamente la crisi del dollaro in particolare rispetto all’euro.
Il fatto che lo spread tra i tassi di interesse dei debiti dei paesi dell’euro sia conseguenza della percezione nei mercati finanziari della affidabilità delle loro economie è esatto. Ma, secondo il prof Di Gaspare, spiega solo perché ad esempio alla Germania indebitarsi costi meno che all’Italia. La spiegazione invece del costo del debito cioè dell’andamento del tasso di interesse non dipende dalla percezione dei mercati dell’affidabilità delle economie e quindi non è riconducibile a cause economiche e politiche interne ai singoli paesi. Il tasso di interesse sul debito dipende invece dalla domanda di euro che è correlata essenzialmente al cambio con il dollaro. Se il cambio dell’euro si rafforza sul dollaro gli investimenti provenienti dal dollaro sui titoli espressi in euro (titoli di stato e azioni ) si rafforza a prescindere dall’andamento delle economie interne dei paesi dell’eurozona.
E’ quello che sta succedendo da più di un anno a questa parte. L’indebolimento del cambio del dollaro sull’euro sta facendo scendere il costo del nostro debito pubblico e conseguentemente riducendo anche lo spread con quello tedesco nonostante che l’economia nazionale non dia segni di ripresa ( al riguardo si può approfondire l’argomento leggendo il suo articolo “anamorfosi dello spread” pubblicato sulla rivista digitale diretta dal professore). Dunque lo spread non influisce sull’andamento del tasso di interesse ma la relazione è inversa. E’ l’andamento del tasso di interesse provocato dal cambio euro/dollaro al rialzo o al ribasso che determina un aumento o una diminuzione dello spread. Attraverso questo paradosso il discorso si apre ad una diversa visione di rimedi per uscire dalla crisi indotta dalla globalizzazione finanziaria.
Al termine della conversazione il professore, a lungo applaudito, ha risposto alle domande posto da alcuni presenti. La discussione si è conclusa con le seguenti osservazioni del nostro socio prof. De Cesare:
A proposito dell’intervento così illuminante sulla logica della speculazione finanziaria, che negli ultimi anni sembra si sia accanita in particolare sull’Italia, è opportuno ribadire che il nostro paese presenta invece degli aspetti in genere trascurati che ne fanno una realtà economica solida- contrariamente a quanto affermato dagli speculatori: ne ricorda alcuni: L’Italia è il paese con il più alto surplus statale primario ed è il secondo paese dell’Unione europea per la bilancia commerciale manifatturiera. Abbiamo sì un debito pubblico alto, ma in compenso abbiamo il debito privato più basso rispetto agli altri paesi; a mio avviso la vera causa della sfiducia della finanza internazionale e della speculazione è da cercarsi nella debolezza della classe politica e nella instabilità dei governi.
Alla riunione, in Interclub con il Rotaract Roma Nord Ovest, erano presenti oltre la Presidente Habib Ilana i soci del Rotaract: De Lellis Federico, Moliterni Ramona, Papalia Giuseppe, Persichelli Lorenzo, Perrone Giulio, Presciutti Cinti Davide.
Alla conviviale erano presenti 49 persone (di cui prenotati 47 e 28 soci) con il prof. Giuseppe Di Gaspare accompagnato dalla sig.ra Daria e gli ospiti dei soci dott. Giovanni Lionetti e sig.ra Lilli De Cesare (di Gianclaudio De Cesare) e Federico Di Trani (di Cesare Sannini).