Interclub: Gli Italiani e la Costituzione
Una serata in interclub ha riunito Roma Nord Ovest, Roma Est e Roma Capitale per un argomento di viva attualità politico-costituzionale – “Dopo 10 Presidenti della Repubblica: verso quale presidenzialismo? – lunedì 19 novembre all’Hotel Parco dei Principi. Relatore: Sergio Piscitello (Roma Est). Coordinamento e contributo di carattere costituzionale di Gian Claudio De Cesare (Roma Nord Ovest).
Per i saluti di rito, hanno preso la parola i Presidenti Maria Grazia Melchionni (Roma Nord Ovest), Simona Pianese Longo (Roma Est) e Leonardo Tammaro (Roma Capitale).
Dopo l’analisi dell’attuale situazione politico-istituzionale che vede un progressivo svuotamento delle funzioni del Parlamento e l’accentuarsi di un sistema bipolare Governo-Presidente della Repubblica, Sergio Piscitello ha tracciato il percorso dell’aumento di peso dei poteri presidenziali da Einaudi a Napolitano.
Il racconto è stato intessuto sulla scorta di episodi noti e poco noti di una esperienza diretta vissuta in posizione di vertice al fianco di molti Presidenti della Repubblica. La tentazione (o la necessità politica) di un “governo del Presidente” è stata presente nel settennato Einaudi (Governo Pella) come in quello Gronchi (Governo Tambroni) e in ambedue i casi non sono mancati i segnali di una forte presenza presidenzialista nel contesto istituzionale: la nomina del Segretario Generale del Quirinale Ferdinando Carbone a Presidente della Corte dei Conti con Einaudi o la nomina di una folta rappresentanza di corrente personale nei ranghi ministeriali da parte di Gronchi (Ministri Folchi, Angelini, Gonella Giardina).
Il racconto – ricco di aneddoti e di rivelazioni – ha proseguito anche sui settennati Segni, Saragat e Leone, indicando poi come, con Cossiga, si siano manifestati i primi segnali di una sempre maggiore presenza del Capo dello Stato nel vivo del sistema politico e di governo, in parallelo alla progressiva debolezza e mancanza di prestigio dei partiti politici. Si è man mano creata di fatto una sorta di “supplenza costituzionale” che ha via via spinto sempre più in avanti l’incidenza dei poteri presidenziali:: i 3 “governi del Presidente” del settennato Scalfaro (Amato. Ciampi, Dini), la prassi della pre-consultazione legislativa tra Quirinale e Palazzo Chigi, l’abbandono dell’istituto della controfirma di responsabilità ministeriale degli atti compiuti dal Capo dello Stato (art. 89 della Costituzione).
Questa tendenza si è consolidata durante la Presidenza Ciampi ed ha manifestato il suo massimo di espansione con Giorgio Napolitano che, in condizioni di estrema instabilità e fragilità del sistema, è stato necessitato a svolgere un compito – anche di natura etica – agli estremi limiti di flessibilità e di interpretazione estensiva dei poteri costituzionali. Il prestigio, l’onestà e correttezza politica e il forte ascendente personale che gli sono unanimemente riconosciuti hanno permesso che questa situazione in qualche modo eccezionale – costellata da episodi irritali e inconsueti, anche se formalmente entro gli ultimi confini della correttezza – venisse compresa e accettata. Ma non è possibile lasciare senza regole un aspetto così delicato, e allora, se i partiti e il Parlamento non recuperano rapidamente credibilità e prestigio, si rende necessario, se non obbligatorio, un intervento di carattere costituzionale che ridisegni e precisi il ruoli, i compiti e le funzioni del Capo dello Stato, nello spirito di un moderno presidenzialismo di cui esistono nel mondo autorevoli ed efficaci esempi, come la formula semipresidenzialista di governo alla francese.
Alla relazione di Sergio Piscitello ha fatto seguito una opportuna e puntuale integrazione costituzionale di Gian Claudio De Cesare che ha illustrato le varianti introdotte nel nostro sistema e di conseguenza anche nel ruolo e nei poteri del Capo dello Stato, dalle modifiche del sistema elettorale e del bipolarismo.
Le due relazioni sono state seguite con grande interesse da una folta platea di Soci dei tre Club e la serata si è conclusa con un breve dibattito su alcuni temi esposti dai relatori e, in particolare, sul quesito avanzata da Umberto de Julio (Roma Est) circa il rapporto dei poteri presidenziali con la sempre maggiore presenza dell’Unione Europea nel sistema istituzionale dei singoli Stati membri.
Intervento di Claudio De Cesare alla serata del Rotary Club Roma Nord Ovest del 12 novembre 2012
L’esposizione brillante di Sergio Piscitello ci ha presentato in una rapida sequenza le figure dei Presidenti della Repubblica, io cerchero’ ora di dare, con riferimento al campo del diritto costituzionale, qualche breve indicazione sul ruolo assunto dal Capo dello stato nel nostro sistema di governo, un ruolo che a mio avviso ha visto negli ultimi tempi non soltanto un rafforzamento dei poteri ma anche un complessivo cambiamento della natura di questo organo costituzionale.
Dobbiamo partire dalla rivoluzione “istituzionale” del 1992-94, che ha visto la fine del regime consensuale dei partiti, basato sul sistema elettorale proporzionale e l’avvio, attraverso una serie di modificazioni tacite della Carta Costituzionale, di un nuovo sistema politico istituzionale basato sul principio maggioritario. Il bipolarismo, conseguenza della riforma elettorale seguita al referendum del 18 aprile 1993, vede l’alternanza fra coalizioni guidate da Leader scelti direttamente dagli elettori e si afferma sulla base di nuove convenzioni costituzionali e di nuove regole elettorali, senza che siano mai approvate formali riforme della Costituzione scritta.
Ebbene, il mutamento del sistema determina un’evoluzione del modello presidenziale previsto in Costituzione, che si colora di nuove valenze: a fronte della trasformazione in senso maggioritario, il ruolo del Capo dello stato cambia e dal 1992 assistiamo al progressivo espandersi ed ampliarsi degli spazi e della collocazione attiva ed autonoma del Presidente (lo afferma ad esempio Azzariti).
L’ affermarsi di un sistema bipolare, che rende più incisivo il ruolo dell’esecutivo, produce, di conseguenza, un intervento piu’ attivo del Presidente, che si esercita anche attraverso istituti e strumenti diversi rispetto ai poteri formali previsti dal testo costituzionale. Sembra essere una caratteristica comune degli “abitanti” del Quirinale quella di aggiungere all’uso dei poteri formali costituzionalmente previsti nuove modalità di intervento non ufficiali, che rappresentano un nuovo potere di influenza informale (la famosa moral suasion) .
Nell’era della comunicazione e dei media televisivi, il Presidente affianca le sue esternazioni- a partire dalle famose picconate di Cossiga- a prese di contatto e trattative non ufficiali per esercitare la sua influenza mediante una “collaborazione” con gli altri organi costituzionali e in primo luogo con il Governo, che ha preso il posto del Parlamento al centro del sistema, soprattutto nel processo legislativo; si crea ad esempio la famosa prassi delle comunicazioni preventive ufficiose fra l’ufficio legislativo del Quirinale ed il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del consiglio, con un costante flusso di reciproche informazioni ed osservazioni di merito, che rimangono nell’ambito dei rapporti informali.
Riassumendo: dopo il mutamento istituzionale, intervenuto senza alcuna modifica al testo della Carta, il Capo dello stato ha potuto – legittimamente, lo sottolineo- procedere ad una vera e propria rimodulazione dei suoi poteri, adattando la sua figura al mutato quadro di riferimento, in quanto le disposizioni costituzionali sui poteri presidenziali consentono una notevole elasticità di interpretazione- soprattutto in periodi di grande crisi finanziaria e politica: una flessibilità che contribuisce a render le funzioni presidenziali più soggette rispetto agli altri organi agli impulsi che provengono dal mutamento della Costituzione materiale.
La capacita’ propria della figura presidenziale di aggiornare il proprio ruolo e l’elasticità delle norme costituzionali hanno consentito agli ultimi Presidenti, a partire da Scalfaro, ma soprattutto a Ciampi e Napolitano, di rispondere alle richieste e agli stimoli provocati dal nuovo assetto politico maggioritario e di configurare una diversa “modulazione” di alcune delle proprie funzioni.
Nel ruolo presidenziale si riscontrano elementi di discontinuità evidente, in corrispondenza con il cambiamento del sistema di governo, per quanto riguarda la formazione del governo, per il conferimento dell’incarico e per le crisi, nonché per lo scioglimento anticipato del Parlamento (interpretato dal Presidente Napolitano come extrema ratio in caso di assoluta impossibilità dei partiti in Parlamento di formare una maggioranza), ma particolarmente con riferimento al processo di formazione delle leggi.
Sarebbe un discorso oggi troppo lungo, ma molto interessante per gli sviluppi innovativi in senso positivo, quello relativo ai poteri presidenziali connessi al procedimento legislativo (dall’emanazione dei decreti legge alla promulgazione e al rinvio delle leggi), tutti poteri nell’ambito dei quali si è esercitata con il massimo rilievo negli ultimi anni una forte influenza sull’Esecutivo, attraverso strumenti e rapporti informali che affiancano l’esercizio delle funzioni costituzionali. Vorrei soltanto ricordare , in particolare, tutta una serie di interventi, accompagnati a volte da dichiarazioni formali riprodotte e ufficializzate da comunicati stampa, che li rendono pubblici: a titolo di esempio, il rifiuto di emanazione del decreto Englaro e l’emanazione con osservazioni e proposte di modifica del decreto anticrisi del 2010, che configura una sorta di potere di emendamento atipico del Capo dello stato nel processo legislativo.
Gli interventi del Capo dello stato durante il percorso di formazione delle leggi sono incisivi e ripetuti, ispirati ad una concezione alta delle sue funzioni di garanzia e di controllo, al punto da collocare il Presidente in una posizione di “contropotere” rispetto alla maggioranza ed all’esecutivo, al fine di evitare deviazioni di percorso ed eccessi del Governo ovvero come guida dall’alto per un Governo tecnico.
In corrispondenza con la crisi finanziaria mondiale degli ultimi anni, e con la crisi epocale dei partiti politici italiani, il Presidente va oltre il ruolo di “moderatore ed attivatore dell’equilibrio” (la definizione è di Predieri) la sua funzione, da garanzia passiva si evolve verso l’ attivismo garantista , al punto tale che viene di fatto coinvolto nell’ attività di indirizzo politico (ricordiamo le tante recenti dichiarazioni sulla riforma della legge elettorale) .
Vorrei concludere riprendendo l’affermazione di Napolitano, per cui l’inquilino del Quirinale non si limita a tagliare nastri per il cerimoniale; secondo me il Presidente della Repubblica e’ divenuto un centro istituzionale di regolazione del sistema politico istituzionale: in Italia, in sostanza, negli ultimi venti anni, nel nuovo contesto bipolare, la Presidenza ha assunto e rafforzato, marcatamente e in senso positivo, un ruolo di garanzia internazionale, di supplenza politica e infine di custode della normalità istituzionale.